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venerdì 8 febbraio 2008

Un poco di romeo e un poco di Giulietta, mescolare e servire a piacere,

Se da quella che è diventata la tragedia dell’amore per antonomasia, Giulietta e Romeo, si estraesse un po’ di disperato amore adolescente, se si cercasse di lasciare da parte il bruciante odio familiare, se si provasse a tenere solo “Un poco di Romeo ed un poco di Giulietta”, si potrebbe vedere la storia prendere svolte inaspettate, si vedrebbero affiorare dinamiche, aspetti e personaggi rimasti in secondo piano, che aspettavano solo di svincolarsi dal tragico e partecipare con entusiasmo alla dimensione a loro più congeniale, il comico. Ad impastare, giocare e riflettere sui dosaggi e sulle alchimie che compongono il senso teatrale della storia dei due amanti di Verona, è stato un gruppo d’attori (Emanale Arata, Michela Astri, Erika Borella, Pietro Bertora, Elena Borra, Andrea Costa, David Finardi, Nicola Savani, Daria Stefanini), guidati da Carlo Ferrari: il “Teatroperunpò” ha scelto un nome adatto alla propria poetica, abbracciando la dimensione meta-teatrale, calcando il palcoscenico un po’ da attori e un po’ da personaggi, sospendendo l’immedesimazione pur lasciando un po’ di teatro in scena. Il testo è stato per loro piuttosto un pre-testo, con cui si è data libera iniziativa all’espressione individuale e corale, evocando la vicenda, impossibile da ignorare, ma rimanendo nel proprio mondo, nella propria Verona, diversa nei modi e negli usi dalla Rinascimentale cittadina principesca. Nella Verona per un po’, nel po’ di Verona in scena, creata da un maghetto lì per lì, l’attore che si domanda come interpretare il proprio ruolo, affida al suo costume, ad una maglietta, il messaggio, lasciando che il pubblico legga da sé ciò che il testo vorrebbe che lui fosse, lasciando che sia così la libertà della sua immaginazione e della sua interpretazione a decidere chi e come essere in scena. La scenografia assente fa sì che lo spazio e l’ambiente siano sempre in mano e sul corpo degli attori. Mescolando, sottraendo, aggiungendo, del testo originale rimane poco o niente, ma non c’è perdita, tutto lievita, alleggerito dalle responsabilità drammatiche ed insaporito dalle trovate comiche. Così Paride è finalmente in grado di riprendersi lo spazio che merita, se pur per un breve inebriante momento; l’allodola e l’usignolo sono materiale per esperti ornitologi e non si può decidere così su due piedi se sia giorno od ancora notte; il ballo in maschera è un raduno di nani nostalgici che ascoltano Caterina Caselli ballando alle spalle della coppia Romeo e Giulietta, Biancaneve e Principe, intenti in un goffo approccio; il coro che tiene le fila del discorso è un duo che vive con gioia e libertà la propria omosessualità; Giulietta riesce persino a rimanere in cinta, così, alla prima occasione, alla prima fatale pinta, o spinta; al matrimonio riparatore il fotografo regala polaroid e Frate Lorenzo biascica inascoltato la sua omelia, qualcuno dà in escandescenza perché i matrimoni sono sempre comunque commoventi…Tutto partecipa di una comicità spontanea e seducente, che attinge alla naturale ironia degli attori, a musiche d’effetto, ad una coralità energica ed originale, senza quel senso di profanazione, di facile parodismo, in agguato dietro ogni nuova versione comica delle tragedie scespiriane.

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