Cerca nel blog

sabato 2 febbraio 2008

PINOCCHIO - INTERVISTA A LETIZIA QUINTAVALLA SUL RIALLESTIMENTO DELLO SPETTACOLO DEL 1992 PRODOTTO CON ERT

Se per alcuni superare i 30 è un momento difficile, da far passare sotto omertoso silenzio, per realtà come il Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti con Emilia Romagna Teatro Fondazione è motivo di orgoglio e soddisfazione, da celebrare. E cosa regalarsi e regalare al pubblico se non uno spettacolo che colga al meglio la vocazione e lo spirito scenico con cui sono nati? Pinocchio, spettacolo del 1992 che torna in scena in questi giorni, è la festa di compleanno più significativa che il TdB potesse allestire. Abbiamo incontrato Letizia Quintavalla per conoscere i suoi pensieri e quelli della compagnia intorno a questa storica produzione. Qual è l’idea centrale su cui è costruito lo spettacolo? “Il nostro Pinocchio ha un assemblaggio drammaturgico e formale misto, è una commistione scenica di diverse nature e dimensioni, di attori, personaggi, animatori, burattini e materiali. Il protagonista burattino è animato da figure nere, conigli del clan della Fata Turchina, che rendono possibile la sua storia ed introducono nello spettacolo il tema del doppio: gli animatori sono il doppio di Pinocchio, lui è il doppio della materia. Questa è spinta a recitare e gli attori sono costretti a farsi matrici”. Perché questa produzione è così preziosa per il TdB? “Questo spettacolo è nato come dedica alla nostra vocazione scenica: la fusione della materia e dell’attore, il suo doppio. Il patrimonio genetico del TdB è proprio il lavoro con i materiali con gli attori. Così, questo omaggio alla compagnia oggi è stato ripreso, segnando il traguardo dei trent’anni per entrambi gli organismi produttivi che vi hanno preso parte. Rivedendolo e tornandoci a lavorare la sorpresa è stata constatare che il senso e l’impatto visivo sono rimasti intatti”. Quali sono le novità nell’allestimento? “Questo Pinocchio non è nato come rivisitazione, come rilettura drammaturgica dell’originale; anzi il testo (curato da Bruno Stori) è stato rispettato, mantenendolo praticamente integro e recuperandone l’originalità. Nella ripresa di oggi le scene sono intatte, sono cambiati alcuni attori (i giovani Cristiano Fabbri e Giada Melley), altri sono ancora gli stessi (i navigati Anna Amadori, Claudio Guain, Morello Rinaldi). I giovani hanno dovuto confrontarsi con un metodo di lavoro basato sull’ascolto, sulla precisione dei tempi, sulla ritualità gestuale; hanno dovuto trovare dentro di sè molta pazienza, un esercizio importante per scoprire un nuovo modo di essere attori, dinamici e svegli come la materia richiede, come fa lo stesso Pinocchio”. Cosa credi sia cambiato invece nel pubblico che assisterà allo spettacolo? “Oggi un bambino a sei anni arriva a teatro che ha già visto di tutto, è già pieno di cose, anche se magari non ha gli strumenti per digerirle. E’ chiaro che lo spettacolo da questo punto di vista è per loro meno nuovo, meno magico. Ma l’artigianato che portiamo in scena, la cura ed il tempo dedicati alla drammaturgia ed alla scenografia sono ancora molto efficaci sulla fantasia e sulla sensibilità dei ragazzi. I bambini ‘spugna’ di oggi queste cose ancora le sentono, pur essendo un po’ disincantati ed influenzati dal Geppetto orologiaio e tirolese di Walt Disney. È per questo che ritengo importante riportarli all’origine testuale del Pinocchio di Collodi, al suo linguaggio toscano”. La scenografia è molto importante nell’allestimento, come viene ricreata la dimensione scenica di cui ci hai parlato? “In scena abbiamo ricostruito una casa-teatrino, contornata da un bosco concettuale, una rotaia di ciocchi di legna da ardere, la materia di cui è fatto Pinocchio. Il bosco tipico della favola ha un’identità che coincide con quella del suo protagonista. La casa di Geppetto al centro, che Collodi descrive povera, con un camino dipinto ed una seggioletta, è un teatrino, un contenitore che si trasforma continuamente, agibile da tutte le parti, pieno di botole e pertugi”. Cosa rappresenta Pinocchio per i suoi spettatori? “Pinocchio ci mostra come sia necessaria la trasformazione ma soprattutto come siano necessarie le difficoltà, il loro superamento ed il viaggio verso la trasformazione. Il burattino diventa persona, il bambino diventa adulto quando, passate le avversità più dure, diviene forte e maturo abbastanza per prendersi cura di un'altra persona, del suo babbino. Questo spettacolo mette in scena un rito di iniziazione di cui la fata ed i conigli sono gli officianti; guardano Pinocchio superare gli ostacoli senza intervenire, con la fiducia e la sicurezza di chi sa che sono necessari e superabili”. Lo spettacolo andrà in scena al Teatro al Parco domenica 3 febbraio alle ore 16.30 e dal 4 al 7 febbraio alle ore 10.

Nessun commento: