Cerca nel blog

venerdì 8 febbraio 2008

FULL METAL CESAR

“Si avvisa il gentile pubblico che nella seconda parte dello spettacolo Giulio Cesare verranno esplosi numerosi colpi di arma da fuoco a salve - La Direzione.” Come dire che chi ti si sta presentando è un personaggio dal nome altisonante, celebre e glorificato, che però sente la necessità di avvisarti da subito che tra poco darà in escandescenza, ma per finta; che ha un caratteraccio da star, ma è ancora una persona semplice. Ti viene da pensare che gliel’abbia consigliato il suo terapista, che sia un esercizio per la gestione delle reazioni. Giulio Cesare, presentato lo scorso maggio in anteprima al Teatro Festival Parma (Teatro Due), di cui è una delle ultime produzioni, ha accolto il suo pubblico scegliendo di palesare da subito le proprie intenzioni ed è apparso immediatamente un po’ timido e complessato, nonostante la nomea eroica. Per fortuna la prima impressione va spesso gettata. Se lo storico Cesare ha guidato un impero da epilettico, anche questo scenico Giulio Cesare è riuscito a suo modo a portare il pubblico nella violenza e nella ferinità umane, quelle sincere, profonde, nonostante i tic e le fisime che sembravano affliggerlo. Dietro una facciata ed un allestimento un po’ pretenziosi, apparentemente aggressivi ma impotenti nello sconquassare le coscienze ed i sistemi percettivi del pubblico, si è potuto cogliere una vena parodica ed ironica, sotto cui intuire l’interna bellezza, la possibile profondità, le complesse dinamiche individuali e relazionali dei personaggi, le vere doti dello spettacolo. Ignorando i costumi, mimetiche, mitra e tatuaggi, le luci, la cocaina, le musiche ed i rumori di apache in ricognizione sulla platea… lasciando perdere il tutto, ho gustato ciò per cui ero lì, quello che cercavo: il fascino dell’uomo. Di Will e dei suoi testi eterni, che per sempre avranno pieghe inaspettate, ulteriori riflessioni, metadimensioni, luminose ed illuminanti. Dei quattordici attori, talentuosi ed intensi, di Valerio Binasco (Giulio Cesare), Paolo Serra (Cassio), Fulvio Pepe (Bruto), Luca Giordana (Marc’Antonio), ed ancora Andrea Narsi, Stefano Moretti, Fabricio Amansi, Eleonora Pippo, Ivan Olivieri, Roberta Sferzi, Ilenia Caleo, Davide Lora, Filippo Berti. Del giovane regista inglese di nobili natali e belle speranze, Tim Stark, che se come statista o stratega non è stato granché convincente, è stato evidentemente un buon analista, in grado di rendere scena, carne ed evento l’eterna ed umana lotta tra bene e male, in ogni personaggio. È stato certo entusiasmante il rendersi conto ancora che l’uomo è il carattere del teatro, che l’interprete può fare a meno di tutto, fuorché della sua stessa generosa interpretazione. Sono state le voci e le loro inflessioni più intense, gli sguardi, i tremori delle mani e dei petti a suscitare il rapimento nel pubblico; sono stati i piccoli segni di umanità dei personaggi a sedurre. Non interessava quante munizioni avessero indosso e quanto forte potessero gridare i propri comandi per vederne e sentirne la carne, la debolezza, la lotta interiore, il carisma. E’ stato come assistere alla rivincita dell’uomo sulla macchina, del corpo sui dispositivi; l’arma efficace a teatro è l’attore, sempre di più, in grado di stabilire un rinnovato contatto con le profondità dell’animo e del corpo umani, senza mediazioni e tramiti. Occhi negli occhi. Certo bisogna perdonare a questo tipo di teatro i complessi che sconta nell’aspra competizione con il cinema, ma è anche da ciò che sorge il riscatto dell’interprete. E si comprenderà un po’ di arroganza ed esibizionismo, volentieri, se ci viene generosamente permesso di raggiungere la sostanza. Un piccolo smacco al teatro di regia, commozione per il sanguinario Bruto, un sorriso di complicità per il tirannico Cesare: per chi si sente disponibile lo spettacolo debutterà al Festival Shakespeariano di Verona a luglio, con Franco Branciaroli nel ruolo di Cesare.

.

Nessun commento: