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venerdì 8 febbraio 2008

I FEEL BLUE

Il blue per gli anglofoni è la malinconia, la tristezza (I feel blue esprime un momento che noi diremmo nero) e la musica blues nata nelle comunità afro-americane del sud degli Stati Uniti anni ’50, fra uomni e donne sfruttati e ghettizzati, è stata una forma artistica di espressione di quel disagio, delle tragedie quotidiane, una forma di emancipazione, di ribellione, di esorcizzazione e di sopravvivenza. Il blues è la musica che fa passare il blue. E Blues, il nuovo spettacolo scritto e diretto da Bruno Stori, prodotto dal Teatro delle Briciole, andato in scena per le scuole lo scorso maggio, racconta proprio di tutto questo, della grande storia (dal 1958 al 1968, gli anni delle lotte per l’emancipazione della comunità nera), della grande musica (fino alla nascita del rock ‘n roll) e della piccola esistenza di un protagonista che vuole vivere in pace e suonare il blues. Nello stile scanzonato e trascinante di Stori, con una riflessione ed una ricerca musicali molto approfondite, Muddy Waters, B. B. King e gli altri nomi importanti del blues sono evocati da un paradiso-palcoscenico fumoso ( forse è un inferno..?) come fossero anime elette. Blues è la storia di Jamping Jack White, un tredicenne che vive in un buco di paese nel delta del Mississipi, povero e solo ma destinato alla grandezza, grazie alla chitarra donatagli da un ometto incontrato per caso. Claudio Guain nel suo splendido completo bianco e argento (Letizia Quintavalla, che ha curato anche le scene) riflette le luci (di Emiliano Curà), danza divertito e duetta con Paolo Venturi (dal vivo sul palco a suonare con talento ed intensità chitarra e batteria): i due insieme danno voce, note e presenza alla storia del piccolo Jack, con l’entusiasmo, l’energia e la suadente malinconia del blues che li anima. La lotta per sopravvivere e per la musica di Jack è scandita dagli incontri importanti e dalle canzoni straordinarie che ascolta, è la lotta di tutti i suoi fratelli; le sua salita verso il successo, lassù fino al palco del Bluenotes, fino al Washington Park di fronte alla Casa Bianca, a gridare al mondo l’orgoglio e la dignità del blues, è la salita che tutti i neri d’America hanno dovuto fare per affermare i propri diritti civili. E’ una musica che ti cambia la vita, se chiudi gli occhi e lo lasci suonare questo blues…dovunque tu sia, chiunque tu sia, un trevigiano con la barba, un giovane musicista che ha viaggiato l’America o un ragazzo qualunque, che finalmente si apre al mondo.

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