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sabato 2 febbraio 2008

IN UN ATTO ESTREMO DI STERITLITA'

19 GENNAIO 08 - Medea è donna straniera, tradita, abbandonata dal marito, Giasone, per il quale lasciò la famiglia, oltraggiata, sola coi due figli, esiliata dalla patria natia e scacciata dal luogo in cui si trova. Non ha dimora, non ha spazio in cui vivere la sventurata Medea ed è forse per questo che la tragedia euripidea riletta scenicamente da Fabio Sonzogni, andata in scena al Teatro Magnani di Fidenza lo scorso venerdì, si svolge in un non-luogo, nel vuoto asettico di un ospedale psichiatrico, popolato da infermieri in bianco (il coro) coi loro carrelli di medicinali e uomini in nero, i protagonisti maschili della tragedia, oggetto d’odio e di malefici. Al centro un braciere pieno d’acqua, cerchio sacro dove la maga Medea, colei che sa, genera sortilegi e veleni per uccidere la rivale e suo padre, il re. Ha perso il senno Medea e si muove freneticamente nel suo abito-mantello rosso, con le gambe e le braccia nude, seguita a vista dal coro-infermiere pronte ad intervenire ma incapaci di sanare la sua follia violenta. Fino all’ultimo insensato gesto. Un vetro rotto lacera i visceri e l’utero di Medea e l’infanticidio del mito si risolve in un atto estremo di sterilità. Si priva della sua maternità, del suo essere madre la Medea di Sonzogno; i figli non compaiono mai in scena, evocati e poi trucidati lasciano di sé solo due fiammelle. Parole e gesti di una violenza che la stessa poesia tragica fatica a sublimare, che tagliano come i cocci di vetro nelle mani dell’assassina. L’interpretazione degli attori però stenta a trasmettere la furia e la passione delle relazioni ed i dialoghi tra i due ex amanti non hanno la forza scenica delle parole pronunciate; Medea confessa a Giasone di aver ucciso i figli per ferire lui ed invece di avere un suono atroce la scena ha l’intensità di un litigio tra coniugi in via di separazione e spartizione dei beni. Non convince la disperazione di Giasone e non si crede alla follia di Medea, toccante ma non sconcertante come ci si aspetterebbe. Il coro invece trova un originale ed efficace ruolo nella vicenda, risultando intenso e cruciale nel meccanismo emotivo. Un allestimento che nasce da una riflessione forte e da un testo archetipo, con alcune trovate poetiche e sceniche ad alto potenziale ma a scarso risultato.

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