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giovedì 13 marzo 2008

QUATTRO RISATE NON SI NEGANO A NESSUNO

TITOLO: Il bipede barcollante
SCRITTO DA: Paolo Hendel;
CON LA COLLABORAZIONE DI: Piero Metelli e Sergio Staino
PRODUZIONE: Agidi S.r.l.
GRADIMENTO: 3 stelle ***

L’etologo Desmond Morris negli anni ’70 considerava l’uomo una “scimmia nuda”, evidenziando i tratti animaleschi che millenni di evoluzione culturale e di epilazione naturale non sono riusciti a cancellare. Paolo Hendel, comico toscano ospite della stagione del Teatro Magnani di Fidenza lo scorso mercoledì con il suo ultimo one-man-show, cavalca l’onda darwiniana e osserva l’animale uomo da una prospettiva un po’ inedita: dall’inpiedi. Partendo dalla definizione di “bipede barcollante”, Hendel dispiega in scena, con la sola forza immaginativa delle parole e con i suoi modi da guitto, una fantasiosa ricostruzione della preistoria del genere umano, accompagnato dalle note elettriche di Giorgio Vicini. Di quando ancora si procedeva carponi su quattro appoggi; di quando ancora non si era scatenata quella variabile impazzita nell’evoluzione che avrebbe condotto la scimmia verso la posizione eretta e poi verso quella dell’Homo Semipiegatus (di cui un noto giornalista televisivo Rai è un rappresentativo esemplare). Se la prende con tutti Hendel, sbeffeggiando i potenti, i politici italiani immortali, quelli presenti e quelli futuri, sempre gli stessi anche nel 3010 (dinastie regali si direbbe); mettendo in discussione ed in ridicolo i loro assurdi comportamenti e deridendo anche quelli dell’uomo della strada, barcollante sui suoi due miseri piedi, indifeso, lento, pauroso e per ciò aggressivo. La comicità di Hendel ha la forza del quotidiano, degli sciocchi tic ed atteggiamenti che tutti condividiamo, dall’ipocondria diffusa all’imbarazzo per le proprie necessità corporali o mediche, dall’odio per l’autovelox a quello per lo strumento infernale per eccellenza, la sveglia. Lo spettacolo vola via, leggero e divertente, pagando però un prezzo televisivo non indifferente, scarnificando la dimensione teatrale e sacrificando in parte il rapporto con il pubblico. Un pubblico che c’è, non è un dato auditel: è presente, disponibile a farsi prendere in giro e soprattutto abbastanza disgustato dai modi e dalle persone della politica italiana da riuscire ancora, dopo decenni, a ridere dell’altezza di Berlusconi e della linea di Ferrara. Quando neanche la mascolinità della De Filippi farà più sorridere la platea, allora sapremo che è finita.

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